Il Sacrario di Redipuglia, la storia.
Costruito in epoca fascista dal 1936 ed inaugurato il 19 settembre 1938 il Sacrario di Redipuglia è un cimitero monumentale militare dedicato alla memoria degli oltre 100.000 soldati italiani caduti nelle zone del Carso durante le battaglie dell'Isonzo della prima guerra mondiale.
Costruito sulle pendici del monte Sei Busi, aspramente conteso nelle prime fasi della Grande Guerra, si presenta come uno schieramento militare con al vertice la tomba di Emanuele Filiberto di Savoia Aosta, comandante della 3a armata, a cui fanno ala quelle dei suoi generali: Chinotto, Monti, Paolini, Prelli e Riccieri.
Il Sacrario si trova di fronte al colle Sant'Elia dove fu costruito il primo Sacrario monumentale militare della 3a armata, inaugurato nel 1923 e denominato Cimitero degli Invitti, che oggi è un museo all'aperto denominato Parco delle Rimembranze. Il sacrario, che accoglieva 30.000 caduti di cui solo 5.860 conosciuti, voleva rappresentare la raffigurazione del sacrificio nazionale in ricordo dei tanti caduti italiani rimasti senza nome.
La struttura del luogo offriva un impatto visivo di facile emozione. Il colle, situato di fronte all'altipiano carsico era stata praticamente scolpito con la creazione di sette balze concentriche, alludendo ai gironi del Purgatorio dantesco, il cui sviluppo raggiungeva una lunghezza di oltre 20 chilometri. Le varie balze erano intervallate da vialoni, anch'essi discendenti a raggiera. La sommità del poggio, livellata a formare un ampio piazzale, ospita una colonna tratta dagli scavi di Aquileia, alla cui base era una cappella votiva.
Le sepolture erano collocate in una maniera tale da riproporre, pur nell'ordine di un complesso cimiteriale, la casualità della morte.
Completavano la riproduzione del teatro di combattimento 35 cippi commemorativi - alla cui base una piccola lapide in pietra riporta una frase alla memoria -, oggetti personali, suppellettili, brandelli di armi, proiettili, il tutto confuso tra intrichi di filo spinato e reticolati. I soldati onoravano la memoria dei commilitoni con cumuli di pietre sovrastati da croci costruite con bossoli, filo spinato ed altri reperti ed anche le targhe e le epigrafi sulle tombe volevano rammentare, attraverso versi caserecci dovuti in gran parte all'inventiva del maggiore Giannino Antona Traversi, vero curatore del cimitero, il vissuto bellico più modesto, le funzioni più umili, l'oggettistica apparentemente più dimessa, lo sforzo umano e materiale per la vittoria. In molti casi, gli affetti più profondi del soldato erano correlati alla virtù del sacrificio di sé. L'amore filiale per la madre era il sentimento più evocato: "Mamma, sii forte: deve il patrio amore tramutare in orgoglio il tuo dolore!"; "Mamma mi disse: «Và!» ed io l'attendo qua", è scritto sulla tomba di due ignoti. Alla fine del conflitto si diede seguito alla raccolta e all'identificazione delle salme ma in tantissimi casi molti caduti rimasero senza nome e, per onorare il loro sacrificio, a una madre di guerra fu fatto scegliere un soldato sconosciuto che da allora simboleggiò per la Nazione il Milite Ignoto.
La struttura del cimitero degli Invitti, per via della sua stessa conformazione era però esposta al deterioramento. Spoglie, cimeli e residuati bellici subivano le offese delle intemperie per cui afli inizi degli anni 30 il cimitero fu al centro di importanti lavori ricompresi in un progetto di ristrutturazione. Poi divenne necessario disciplinare la questione dei tanti cimiteri, anche precari, nati ovunque in prossimità dei luoghi dove si era combattuto ai piedi del Carso per cui tutte le salme furono traslate nell'unico grande Sacrario militare di Redipuglia. La quasi totalità delle salme del cimitero degli Invitti venne trasferita ed il sacrario perse di importanza.
La galleria presenta fotografie del primo Sacrario, il Cimitero degli invitti, tratte da una pubblicazione degli anni 20 dell'ufficio centrale Cura e Onoranze Salme Caduti di Guerra.