L'economia degli Stati Uniti tra le due guerre
Alla fine della Prima Guerra Mondiale gli Stati Uniti avevano iniziato a sostituire l'Inghilterra come punto di riferimento finanziario dell'economia mondiale perchè era l'unico paese da cui si potevano ottenere capitali sia a breve che a lungo termine. Negli anni '20 l'industria e l'agricoltura americana erano cresciute a ritmi sostenuti entrando in una fase di prosperità ed espansione; a differenza della Germania che, in seguito alle condizioni del trattato di Versailles e dopo essere stata costretta a restituire l'Alzazia-Lorena alla Francia, parte della Prussia occidentale e la regione minararia dell'Alta Slesia alla Polonia dovette rinunciare a tutte le colonie, alla gran parte della propria flotta e fu costretta a sobbarcarsi il costo delle riparazioni di guerra ai vincitori che erano particolarmente punitive e pesanti tanto da costituire un grande freno alla ripresa dell'economia e all'auspicato, ma non avvenuto, miglioramento della situazione sociale. Il pagamento delle riparazioni di guerra, le difficoltà di ricostruzione e riconversione dell'industria portarono ad una crisi economica che raggiunse i suo apice tra il 1922 ed il 1923.
Alla fine del '23 la Germania avvio una rigida stabilizzazione monetaria che bloccò l'inflazione che avava raggiunto termini insostenibili. In aiuto alla Germania, e non solo, arrivarono consistenti aiuti internazionali sopratutto dagli Stati Uniti e sopratutto dalla sue banche, che erano attratte dagli alti tassi di interesse in gioco, mentre i commercianti statunitensi imposero sia al proprio governo che all'Europa la libera circolazione di merci e capitali. L'economia mondiale si era ripresa, ritornando in un tempo relativamente breve ai livelli precedenti la Prima Guerra Mondiale, le economie in Francia ed in Inghilterra erano in crescita costante, l'industria e l'agricoltura americana esportavano gran parte della produzione in Europa. Dal 1925, quando anche la situazione in Germania stava lentamente migliorando, nei mercati iniziò una progressiva saturazione dovuta ad una sovraproduzione sopratutto di prodotti agricoli. I prezzi iniziarono a calare e ritornò il protezionismo attraverso l'imposizione di dazi incrociati.
Tra il 1926 ed il 1928 l'indice della borsa americana era raddoppiato attirando i capitali dei grandi investitori e dei privati cittadini che non esitarono ad indebitarsi per investire in titoli di borsa. Quando i tassi di interesse iniziarono a salire gli investitori furono costretti a vendere i titoli azionari per rientrare dei prestiti ottenuti il cui onere era divenuto troppo alto. Nel 1929 i prezzi dei titoli azionari crollarono poichè tutti vendevano ma nessuno comperava. La sovraproduzione, il crack della borsa, le imprese che chiudevano o si ritrovavano con un forte calo della produzione e la conseguente crescita della disoccupazione diedero inizio alla grande depressione che durò in modo drammatico sino al 1932.
La crisi americana si propagò velocemente all'Europa. Con il crollo di Wall Street i flussi di capitale e investimenti, che erano cresciuti costantemente nel corso degli anni, si interuppero mettendo in difficoltà tutte le economie dell'Occidente e sopratutto, in modo più marcato, quella tedesca a cui si unì anche la crisi istituzionale che travolse la Repubblica di Weimar. Le difficoltà economiche, e conseguentemente sociali, unite a politiche incerte e confuse portarono al potere in Germania il Nazionalsocialismo di Adolf Hitler.
Nel 1932 l'allora presidente americano Franklin Delano Roosvelt diede inizio ad una nuova politica economica basata sugli insegnamenti dell'economista John Maynard Keynes che, tra l'altro, aveva pesantemente criticato il peso delle sanzioni a carico della Germania. Il New Deal prevedeva l'avvio di grandi opere pubbliche, per aumentare l'occupazione, e il controllo del governo sulla concorrenza industriale, per evitare altre crisi di sovraproduzione. Mentre l'America cercava di rimettere insieme la propria economia con forti investimenti in opere pubbliche, nella seconda metà degli anni trenta, altri paesi scelsero di investire nel riarmo e/o nell'espansione territoriale per cercare nuovi mercati. Inevitabilmente aumentò la conflittualità internazionale: la guerra coloniale dell'Italia in Etiopia nel 1935, la guerra civile spagnola tra il 1936 ed il 1939, l'invasione della Manciuria da parte del Giappone nel 1937, l'annessione dell'Austria nel 1938 e l'invasione della Boemia e Moravia del 1939 da parte della Germania dove gli investimenti pubblici nel riarmo e nell'industria pesante avevano portato la popolazione del paese alla piena occupazione.
L'economia degli Stati Uniti tornò ai livelli pre-crack solo alla scoppio della guerra quando le industrie iniziarono a produrre equipaggiamento bellico per alimentare la legge Affitti e Prestiti nei confronti degli Alleati e il massiccio riarmo subito antecedente e comunque conseguente all'entrata in guerra nel 1940. Il nuovo equilibrio del sistema finanziario americano venne finanziato con l'emissione di Titoli di Stato acquistati dalla banche locali utilizzando il denaro raccolto dai risparmiatori. Le grandi imprese, con il ritorno della produzione di guerra, non avevano più bisogno di credito e le grandi banche sopravvissero grazie all'intermediazione sulle enormi masse di denaro che affluirono dall'Europa sotto forma di fughe di capitali verso l'unico centro finanziario veramente al sicuro da invasioni.
Bibliografia:
L'oro in Europa by Marcello de Cecco
Il grande crollo, la crisi del 1929 by J.K. Galbraith.