Il Regio Esercito
Dal punto di vista dell'armamento individuale la fanteria aveva in dotazione ancora il fucile Carcano modello 91 a otturatore girevole e scorrevole. All'inizio degli anni '20 iniziò la conversione dei vecchi fucili 91 -calibro 6.5mm- in moschetti 91/24 al fine di recuperare i tanti fucili, residuati della Prima Guerra Mondiale, che giacevano negli arsenali. Dopo l'esperienza delle guerre coloniali, si prese atto che la munizione calibro 6.5 mm, se non colpiva parti vitali, aveva un potere di arresto insufficiente sul campo di battaglia. Fu così studiata e venne adottatata una nuova munizione calibro 7,35 x 51 mm. Sempre per questioni economiche si continuò a recuperare i vecchi fucili 91 e 91/24, accorciando le canne da 780 a 538 mm, adottando il calibro 7,35 mm e apportando alcune modifiche meccaniche. Nasce così il moschetto Modello 91/38 e le sue varianti. Quando l'Italia entrò in guerra, per vari problemi di produzione e di logistica, le munizioni da 7,35 mm erano ancora difficilmente reperibili per cui si ritornò ad adottare il calibro 6,5. Nel giugno del 1940 l'Esercito Italiano era formato da 78 divisioni binarie di cui 59 di fanteria, 3 della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, 2 coloniali libiche, cinque di alpini (Taurinense, Baltea, Tridentina, Cuneense e Pusteria), 3 corazzate (Centauro, Ariete e Littorio) e 2 motorizzate (Trieste e Trento). Solo poco meno della metà delle divisioni erano al completo di equipaggiamento e organico.
L'arretratezza Italiana era ancora più evidente nel campo delle pistole mitragliatrici o moschetti automatici come allora erano chiamati. Premesso che l'unica nazione che entrò in guerra con un fucile semiautomatico furono gli Stati Uniti con il Garand, l'Italia iniziò a distribuire, in numero sempre molto limitato e a reparti speciali, solo nel 1942 i moschetti Beretta 1938/A e 1938/42. Le altre nazioni belligeranti avevano sviluppato e fornito ai soldati diversi modelli di armi automatiche. L'esercito americano nel 1942 aveva distribuito i Thompson modello M1928M1 e M1928M1A1 mentre nel 1943 iniziò la distribuzione dell'M3 Greese Gun. L'esercito tedesco aveva in dotazione: dal 1942 il fucile mitragliatore FG42, arma individuale dei paracadutisti; sin dall'entrata in guerra la pistola mitragliatrice modello MP38, prima, e, dal 1940, il modello MP40; dal 1943 il primo modello del fucile d'assalto MP43 che fu rinominato, nel 1944, Sturmgewehr 44 o più brevenete Stg44. Si può affermare che i MAB (acronimo di Moschetto Automatico Beretta) vennero più usati nella seconda parte del conflitto, dopo l'8 settembre, da repubblichini e partigiani.
Anche nel campo delle armi automatiche medie di squadra e pesanti la situazione non era delle migliori. La Breda 30 calibro 6,5 mm era meccanicamente di accurata fattura ma proprio questa sua caratteristica di scarse tolleranze, che la rendeva molto costosa alla produzione, creava inconvenienti nel funzionamento per cui era necessario pulire e lubrificare accuratamente sia l'arma che il munizionamento. La mitragliatrice pesante Breda 37 era invece un'arma tutto sommato adeguata al tempo ma aveva due difetti: era pesante, quasi 20 kg oltre al trepiede che pesava quasi 19 kg, ed era alimentata a "caricatori" da 20 colpi anzichè a nastri come le mitragliatrici di tutti gli altri eserciti belligeranti. I suoi pregi erano nel funzionamento a recupero dei gas, raffreddamento ad aria, una buona velocità alla volata di 800 m/s e munizioni di calibro adeguato da 8 mm.
L'artiglieria italiana, che nella prima guerra era stata tra le più moderne, non subì alcun aggiornamento tra le due guerre. All'entrata in guerra il ritardo accumulato era tale per cui si protrasse per tutta la durata del conflitto. Tipico esempio è nell'ambito dei cannoni anticarro dove il 47/32mm modello 1939 non era in grado di perforare le corazze dei carri medi e pesanti nemici. Il periodo tra le due guerre vide lo sviluppo di una nuova specializzazione: l'artiglieria contraerea la cui scuola nacque nel 1921 metre l'industria iniziava a sviluppare connoni adatti al compito e il relativo equipaggiamento accessorio per l'ascolto, illuminazione e telemetria al fine di permettere l'acquisizione dell'obbiettivo ed il puntamento delle bocche da fuoco. Il primo cannone contraereo vide la luce nel 1934 ed era l'Ansaldo 75/46. Parallelamente vide la luce la prima centrale di tiro che consentiva il calcolo dei dati di tiro. Nel 1939 venne consegnato il 90/53 che si dimostrò affidabile, potente ed efficace. Come l'88 mm tedesco venne utilizzato anche come controcarro. Gli obbiettivi da proteggere sul territorio erano in numero troppo elevato; il mancato sviluppo del radar e la superiorità aerea alleta vanificarono gli sforzi difensivi delle città e industrie sul territorio.
Le forze corazzate furono quelle che all'inizio della guerra si presentarono più arretrate sia tecnologicamente che strategicamente grazie alle lunghe discussioni tra chi sosteneva la dottrina di una specialità specifica e di unità indipendenti, ad alta mobilità, all'interno dell'Esercito in grado di manovrare autonomamente di fronte al nemico; dall'altra parte persistevano le vecchie teorie, che si dimostrarono poi ampiamente obsolete, secondo cui il carro armato era esclusivamente di appoggio alla fanteria. Il risultato di queste discussioni portò, in Italia, alla costruzione esclusivamente di carri armati leggeri di appoggio senza prendere in considerazione l'ipotesi di grandi scontri in terreno aperto che potevano avere come attore principale le forze corazzate. La nuova dottrina fu dettata dall'uso che i tedeschi fecero delle forze corazzate già dall'inizio della seconda guerra mondiale inaugurando gli assalti a punta di diamante della Blitzkrieg che si spingevano in profondità dietro le linee nemiche e che sorpresero tutti gli stateghi di tutti gli eserciti, molti dei quali ragionavano ancora con i criteri tattici della Prima Guerra Mondiale.
Più curata fu la motorizzazione dell'artiglieria, della logistica e dei reparti di trasporto delle truppe. Nel 1936 nacque il primo reparto meccanizzato. All'inizio del conflitto le tre divisioni corazzate erano equipaggiate in maggiornaza con carri veloci CV33 e CV35 destinati alla ricognizione e in appoggio alla fanteria. La loro evoluzione fu il carro L6 (Leggero da 6 tonnellate) con torretta girevole. I primi carri medi M11/39 fecero la loro fugace comparsa alla vigilia della guerra ma data la loro inadeguatezza venne immeditamente sviluppato l'M13/40 e in seguito l'M14/41 e l'M15/42. L'unico carro per così dire pesante prodotto fu il P40 da 26 tonnellate con cannone da 75 mm che però non reggeva il confronto con le 31 tonnellate del carro medio Sherman americano. Migliore era la situazione nei semoventi d'artiglieria tipo l'M40 con cannone da 75/18 e l'M41 con cannone da 90/53 che venne impiegato sopratutto come controcarro seppur limitato nella potenza del motore e nell'insufficiente dotazione di munizionamento. Decisamente più efficace fu l'M42 con cannone 105/25 mm. Dal punto di vista della quantità l'industria italiana andò poco oltre i 3.000 carri contro i 64.000 dei tedeschi ed i 200.000 degli Alleati.
Sostanzialmente i mezzi in dotazione all'esercito al momento dell'entrata in guerra furono insufficienti sia per qualità che per quantità. La produzione di mezzi più aggiornati tecnologicamente fu tardiva e di numero limitato a causa dell'economia congiunturale di guerra.